CINA E WADA SOTTO ACCUSA: UN NUOVO CASO DI DOPING
1. IL CASO
A pochi mesi dall’inizio delle Olimpiadi di Parigi 2024 il mondo del nuoto cinese è di nuovo al centro di un’inchiesta legata al doping.
Nel 2020, a seguito di un lungo processo legale, il più grande nuotatore cinese di tutti i tempi, Sun Yang, fu squalificato per 4 anni e 3 mesi a causa dell’uso di una sostanza dopante, la trimetazidina, che lo escluse dalle Olimpiadi di Tokyo. Oggi, a breve distanza dalle successive Olimpiadi, quelle di Parigi, la medesima sostanza torna ad essere associata ad atleti cinesi.
Infatti, a seguito di un’inchiesta portata avanti dal New York Times e dalla testata giornalistica tedesca ARD, è emerso che 23 atleti cinesi risultarono positivi al test antidoping prima delle Olimpiadi di Tokyo, i quali presero comunque parte alla rassegna olimpica visto il via libera della World Aquatics e della WADA.
Ma perché questi atleti non subirono il medesimo trattamento del connazionale?
I prossimi paragrafi proveranno a dare una risposta a questo interrogativo, ripercorrendo l’intero iter della vicenda ed inquadrando quelle che furono le norme che portarono a tale decisione.
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2. LA TRIMETAZIDINA E I MOTIVI DELL’INCHIESTA
La trimetazidina è un tipo di sostanza dopante che agisce sul flusso sanguigno, rendendo il cuore più efficiente e riducendo il consumo di grassi. Questo farmaco, oltre ad essere usato per problemi cardiaci, viene impiegato anche per migliorare i test sull’equilibrio dell’orecchio interno, aiutando così la vista.
Da circa un decennio questa sostanza è stata inserita dalla WADA nella Categoria S4 della lista dei farmaci vietati, ovvero nella classe dei modulatori ormonali e metabolici.
Secondo la WADA, si tratta di una molecola definita “non specifica” e quindi impossibile da assumere attraverso contaminazione alimentare o tramite assunzione accidentale, in quanto il principio attivo è contenuto solo nel farmaco.
Proprio da quest’ultimo inciso si accende la vicenda. Vediamo quindi cosa è successo.
Come anticipato, l’inchiesta del NYT e dell’ARD ha rivelato che ben 23 atleti cinesi sono risultati positivi al test della trimetazidina, senza ricevere alcuna sanzione. Perché?
La WADA ha accettato senza batter ciglio la spiegazione della CHINADA (China Anti-Doping Agency) che sosteneva che questi atleti, al momento del test positivo, stessero tutti risiedendo in un hotel dove veniva servita carne contaminata, spiegando così l’assunzione involontaria del farmaco. Ma c’è un dettaglio che sconcerta: l’investigazione sul caso è stata condotta dalle autorità cinesi ben due mesi dopo l’evento in questione.
Questa tempistica suscita seri dubbi su quello che è stato il reale svolgimento dei fatti.
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3. LA NORMATIVA ANTIDOPING
Il 29 aprile 2024 la WADA ha risposto prontamente alle accuse, rilasciando un documento di 6 pagine per chiarire il processo decisionale dietro l’accettazione del verdetto di “nessuna colpa” presentato dalla CHINADA.
La WADA ha spiegato che imporre una sospensione provvisoria avrebbe escluso i nuotatori dalle Olimpiadi di Tokyo senza una giustificazione adeguata, considerando che le accuse sarebbero state probabilmente ritirate successivamente. Inoltre, secondo il World Anti-Doping Code, la WADA non ha l’autorità di imporre autonomamente sospensioni provvisorie; questa autorità spetta all’Autorità di gestione dei risultati, che in questo caso era l’Agenzia antidoping cinese.
Il documento ha inoltre evidenziato che, dopo una revisione indipendente, la World Aquatics ha concordato con i risultati della CHINADA e una consulenza legale ha determinato che non c’erano basi sufficienti per un ricorso presso la Corte d’Arbitrato per lo Sport.
Resta da chiarire il motivo per cui l’Organizzazione antidoping competente non abbia imposto una sospensione provvisoria: a differenza delle sostanze “specificate”, per le quali la sospensione provvisoria è facoltativa, le sostanze “non specificate”, come la TMZ, prevedono una sospensione provvisoria obbligatoria.
La CHINADA, quindi, avrebbe dovuto sospendere gli atleti in questione.
Tuttavia, esistono eccezioni anche per le sospensioni provvisorie obbligatorie, come la contaminazione. Il Codice consente agli atleti di fornire spiegazioni sulla positività prima che venga imposta una sospensione provvisoria.
In questo specifico caso, data anche la situazione insolita della positività di 23 atleti e le severe restrizioni di viaggio derivanti dalla normativa COVID-19, sarebbe stato impossibile per ogni atleta tornare all’hotel o alla sede della gara per cercare di determinare come avesse ingerito la sostanza.
4. CONCLUSIONI
La questione sulla conformità alla normativa da parte della WADA e della CHINADA è complessa e difficile da risolvere definitivamente.
I dati forniti dall’Agenzia cinese, sebbene carenti di spiegazioni esaustive, non sembrano indicare violazioni evidenti delle norme. Secondo quanto ci è stato comunicato, la CHINADA ha agito nel rispetto delle disposizioni e delle concessioni previste dal Codice antidoping, facendo uso legittimo della possibilità di eccezione alla regola di sospensione provvisoria obbligatoria, in base alla loro ipotesi di contaminazione involontaria.
Inoltre, a favore della CHINADA è intervenuta la normativa anti-COVID, che ha limitato gli spostamenti degli atleti coinvolti, rendendo più plausibile la loro spiegazione e agevolando un’accettazione tacita dei fatti.
In definitiva, sebbene possano sorgere dubbi sulla completezza delle spiegazioni fornite, sembra che la CHINADA abbia operato nel rispetto dei margini concessi dalle normative antidoping vigenti, sfruttando le opportunità legali a disposizione per affrontare una situazione complessa e particolare.
Milano, 15 maggio 2024
Dott. Simone Gazzi
5. RIFERIMENTI
- Contamination case of swimmers from China, Fact Sheet / Frequently Asked Questions – WADA
- Nuoto: nuovo scandalo doping in Cina, olimpionici furono “coperti” – Ansa.it
- Dossier Cina. WADA pubblica tutti i dettagli – Nuoto.it
- WADA Risponde Al Caso Dei 23 Atleti Cinesi Risultati Positivi Ai Test Anti Doping -swimswam.com
- Codice WADA – NadoItalia.it