GIUSTIZIA DISCIPLINARE – PARTE SECONDA
1. INTRODUZIONE
Il 2 dicembre dell’anno corrente abbiamo scritto un primo articolo – cui si rimanda per completezza d’esposizione – con il quale abbiamo iniziato il nostro viaggio all’interno della giustizia disciplinare sportiva, esaminandone i principi regolatori e le forme di responsabilità.
Il presente contenuto si propone di essere un giusto completamento del quadro introduttivo sopra indicato. In particolare, ci concentreremo sugli aspetti eminentemente procedimentali della giustizia disciplinare, della quale analizzeremo i meccanismi fondamentali, per poi completare la nostra disamina con l’analisi di una delle principali fattispecie disciplinarmente rilevanti: l’illecito sportivo.
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2. IL PROCEDIMENTO INNANZI AGLI ORGANI FEDERALI
Quale premessa essenziale alla presente trattazione si tenga presente che il procedimento disciplinare, come variamente disciplinato dalle singole Federazioni di riferimento, si caratterizza per essere strettamente improntato sul procedimento penale di matrice statale.
Come questo, il procedimento disciplinare si caratterizza per l’attribuzione a un organismo centrale, ossia la Procura federale (assimilabile alla Procura della Repubblica), della funzione d’impulso dell’azione repressiva, cui risultano assoggettabili i titolari dello status di soggetto dell’ordinamento sportivo.
Le singole Procure federali sono titolari della fase di indagine e operano sotto la direzione ed il coordinamento della Procura Generale dello Sport, ente istituito con delibera del Consiglio Nazionale del CONI 15 luglio 2014, n. 1519, avente sede centrale a Roma ed articolazione su base territoriale.
La fase delle indagini comincia con l’iscrizione del nominativo dell’interessato nell’apposito Registro del CONI (di cui all’art. 53 del relativo Codice di Giustizia), può essere avviata ex officio o su impulso di parte interessata (a mezzo di esposto) e si caratterizza per la sua componente spiccatamente orale, essendo dato particolare spazio all’attività di audizione tanto dei soggetti interessati quanto di quelli potenzialmente informati sui fatti.
Chiusa la fase di indagine la Procura può optare per l’archiviazione per procedimento, in caso di infondatezza della notitia criminis o di insufficienza degli elementi atti a sostenerla in giudizio, o per l’emissione di un intendimento di deferimento, provvedimento assimilabile all’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p.
Dalla notifica dell’intendimento l’indagato può accedere ad una serie di opzioni:
- chiedere ed estrarre copia degli atti di indagine;
- domandare di essere sentito;
- depositare memorie difensive;
- accedere al patteggiamento ante deferimento (con incremento dello sconto sanzionatorio sulla pena in concreto rispetto al patteggiamento post deferimento).
All’intendimento di deferimento segue il deferimento vero e proprio, assimilabile all’atto di rinvio a giudizio ex art. 417 c.p.p., atto di rilevanza determinante in quanto cristallizzante l’ipotesi accusatoria e, in quanto tale, dal contenuto ben articolato.
In particolare, il deferimento contiene:
- descrizione dei fatti di causa;
- indicazione delle norme che si assumono violate;
- elementi di prova acquisiti;
- richiesta di fissazione dell’udienza di discussione.
Dalla notifica del deferimento l’imputato consegue la possibilità di:
- accedere al patteggiamento post deferimento;
- chiedere l’ammissione di mezzi istruttori;
- chiedere di essere sentito;
- depositare ulteriori memorie difensive.
Segue quindi l’udienza di discussione, nell’ambito della quale il Tribunale si pronuncia prima sulle richieste istruttorie e, nel caso in cui l’istruttoria possa esaurirsi nell’ambito della singola udienza, provvede nello stesso giorno alla pubblicazione del dispositivo, che risulta essere immediatamente esecutivo.
La motivazione del provvedimento, nei casi di particolare complessità, può anche essere non contestuale e in tale eventualità viene indicato nel dispositivo un termine per il successivo deposito della stessa (momento dal quale decorrerà il termine per l’eventuale impugnazione del provvedimento). Avverso la sentenza di primo grado è possibile l’impugnazione innanzi alla Corte federale d’appello e, in terzo e ultimo grado, per soli motivi di legittimità, innanzi al Collegio di Garanzia del CONI.
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3. L’ILLECITO SPORTIVO
A conclusione della presente trattazione e a completamento dell’analisi della giustizia disciplinare, ritengo ora utile spendere alcune brevi considerazioni sulla fattispecie dell’illecito sportivo.
Sebbene il termine sia spesso abusato dai cultori dello sport, utilizzandolo per identificare una qualsivoglia fattispecie disciplinarmente rilevante, per illecito sportivo si intende in realtà una specifica tipologia di condotta, ossia quella volta ad alterare il regolare svolgimento della competizione sportiva o il suo risultato, a prescindere dalla consumazione dell’evento lesivo (e quindi dalla realizzazione dell’alterazione).
La fattispecie si connota quindi per i seguenti caratteri fondamentali:
- consumazione anticipata (sufficienza del tentativo e non necessarietà dell’evento lesivo ai fini della rilevanza disciplinare);
- idoneità della condotta (sotto il profilo del nesso di causalità) al conseguimento dell’alterazione;
- percezione del colluso;
- responsabilità diretta o indiretta (in funzione della qualifica soggettiva del soggetto agente) dei sodalizi sportivi coinvolti.
La fattispecie trova sede nella pressocché totalità dei codici federali e, ad ulteriore riprova della sua carica lesiva per il mondo dello sport e i valori su cui questo si fonda, è fonte di responsabilità anche per i soggetti che, essendone a conoscenza, benché non direttamente coinvolti nella combina omettano di farne pronta denuncia alla procura federale
Milano, 16 dicembre 2023
Avv. Andrea Melis