CALCIO E ANTISEMITISMO: VICENDE NOTE E CONSEGUENZE

1. NUOVE DIVISE PER LA GERMANIA

I tifosi della Germania, desiderosi di personalizzare la propria maglietta in vista dei prossimi Europei, si sono imbattuti nella seguente frase: “Questo non soddisfa le nostre linee guida sulla personalizzazione. Per favore, prova qualcos’altro”.

L’enunciato comparso sulla piattaforma Adidas in seguito ad un’accesa polemica è indice di una scarsa attenzione prestata al merchandising della nazionale tedesca, in quanto i numeri quarantaquattro e ottantotto sono di molto simili alle rune adoperate dalle unità naziste durante la Seconda Guerra Mondiale. 

La numerazione dal’1 al 26 era stata visionata dall’UEFA senza alcun riscontro negativo e le magliette rese disponibili alla vendita sul sito Adidas, solo l’opinione pubblica ha notato la corrispondenza visiva con i simboli delle SS, attraverso un dibattito mediatico tanto forte da bloccarne immediatamente vendita e distribuzione. L’equivalenza è stata per prima riscontrata dallo storico Michael König il quale, visionati i font adoperati, ha definito la divisa come “molto discutibile”.

I chiarimenti da parte di Adidas non sono tardati ed Oliver Brüggen, senior director della multinazionale tedesca, ha presto negato l’intenzionalità dell’accaduto assicurando che la forma dei numeri verrà ridisegnata.

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2. VICENDE ANALOGHE

Quanto accaduto porta inevitabilmente a riflettere sulle innumerevoli vicende di questo tipo verificatesi nel mondo del calcio.

Proprio lo scorso giugno era stato vietato ai calciatori italiani di scendere in campo con la maglia numero 88, essendo tale numero usato dai gruppi neonazisti per simbolizzare il saluto “Heil Hitler” (la H è infatti l’ottava lettera dell’alfabeto).

La decisione del Ministro dell’Interno Piantedosi, risalente al 2023, rientrava in un progetto di lotta all’antisemitismo il quale prevede “il divieto dell’uso da parte delle tifoserie di simboli che possano richiamare il nazismo, la responsabilizzazione dei tesserati a tenere un linguaggio non discriminatorio in tutte le manifestazioni pubbliche, la definizione delle modalità di interruzione delle partite in caso di episodi di discriminazione”.

Anche sugli spalti vi sono stati episodi antisemiti riconducibili alla numerologia nazista: durante il derby Roma-Lazio di marzo ’23 un tifoso è comparso in tribuna con una maglia, la quale riportava il numero 88 e il nome “Hitlerson”e nel 2017 apparvero degli adesivi raffiguranti Anne Frank con indosso la divisa della Roma.

Ancora più recente è l’episodio verificatosi a Parigi questo 10 aprile: due tifosi del Barcellona sono stati arrestati dalla polizia francese per “apologia di crimini di guerra e insulto pubblico di carattere razzista” in seguito al saluto nazista compiuto sugli spalti del Parco dei Principi durante la finale di Champions League tra Paris Saint-Germain e Barcellona.

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3. PROCEDIMENTI DISCIPLINARI

I casi di questo tipo sono dunque molteplici, come vengono sanzionati?

Celebre la scelta della FIFA, risalente al 2013, di condannare la Federcalcio ungherese (MLSZ) al pagamento di una multa pari a 40.000 franchi svizzeri in seguito ad una partita nella quale gli ultras ungheresi avevano ripetutamente insultato gli ebrei, Israele e inneggiato a Mussolini.

Per quanto riguarda discriminazioni attuate da calciatori italiani, l’articolo 28 del Codice di Giustizia Sportiva prevede l’irrogazione di una squalifica dalle competizioni ufficiali di almeno 10 giornate (il minimo previsto dalla FIFA) e, nei casi più gravi, con l’ulteriore sanzione del divieto di accesso agli impianti sportivi in cui si svolgono gare/manifestazioni calcistiche (anche amichevoli) in ambito FIGC, con possibilità di estensione del divieto in ambito europeo e mondiale.

Tra i “comportamenti discriminatori” contemplati dall’articolo 28 è compresa “ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale”.

Un importante esempio di applicazione dell’art 28 è quello che nel 2005 vide protagonista Paolo di Canio, il quale, dopo aver inscenato il “saluto romano” durante il match tra Lazio e Juventus, venne squalificato e condannato a pagare un’ammenda pari a 10 mila euro, cui fu chiamata a rispondere per responsabilità oggettiva anche la Lazio, società di appartenenza.

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4. CONCLUSIONI

Episodi di razzismo e discriminazione nel mondo calcistico sono fin troppo frequenti e questo porta inevitabilmente a chiedersi se i controlli in merito siano sufficienti, così come le corrispondenti sanzioni.

Che sia quindi necessaria una rivisitazione del sistema giudiziario sportivo?

Milano, 15 aprile 2024

Maria Silvia Papagna

5. RIFERIMENTI